“Una città,diceva Calvino ne “Le città invisibili”,non dice il suo passato,lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre,negli corrimano delle scale, nelle aste delle bandiere, in ogni segmento rigato a sua volta di graffi,e intagli”.
Sono i mercati lo specchio e l’anima di un presente e del passato di Catania,con i volti antichi degli ambulanti locali mischiati,ormai, a volti esotici o a possenti corpi di giovani africani.Non si può passare da Catania e non perdersi tra le bancarelle de’ “a fera ‘o luni”,( una volta si svolgeva solo di lunedì)in piazza Carlo Alberto. L’imput della visita è la curiosità,il desiderio di qualche affare e invece si resta rapiti dal vociare assordante dei venditori, dai forti profumi di spezie e aromi,dai colori, e spesso,non si riesce a vedere cosa si nasconde tra un mare di ombrelloni colorati e bancarelle traboccanti di merce. Pezzi di storia, riflessi di dominazioni, spesso , purtroppo lasciati nel degrado e che dalle mura scrostate gridano la loro esistenza.
Qualcuno sa cosa si nasconde proprio nel cuore dello storico mercato? Pochi. Attraverso il labirinto di viuzze e insospettabili piazzette conosciamo qualcosa d’insolito ed interessante, sconosciuto anche a molti di noi catanesi. Borsetta assicurata a tracollo e stretta sotto il braccio, (non si sa mai anche qui,come altrove, dove c’è confusione il rischio di uno scippo esiste, poi non dite che non vi abbiamo avvisati!), iniziamo ad addentrarci in uno di luoghi più antichi della città. L’ingresso principale è alle spalle di piazza Stesicoro, importante piazza cittadina dove da un lato troneggia la statua di Bellini, dall’altro si può visitare l’anfiteatro greco-romano, ma questa è un’altra storia. Andiamo. In mezzo, in una sorta di lunghissimo corridoio si muove una folla affaccendata che guarda, contratta, valuta la convenienza dell’acquisto e si fa sommergere. dalle voci, perché non è raro, ancor oggi, sentire il venditore “vanniare” la sua merce con lo scopo di esaltarla e pubblicizzarla. Le vanniate(richiami, urla),sia per la loro articolata proposta, che va dalla semplice ripetizione del prezzo della merce, sia per il loro essere espressioni ironiche ed allusive, talvolta anche a carattere erotico, siano state, da sempre, considerate vero e proprio documento di folklore orale. Allora ascoltarle significa,davvero,entrare nel vivo di una cultura: e la cadenza iterata e lamentosa della “marca” richiama echi di nenie islamiche.
Bancarelle di abiti e accessori all’ultima moda si susseguono,sfoggiano forme e colori ,esposti con cura quasi fossero in una vetrina di negozio. Proseguendo per la strada dritta senza lasciarsi fuorviare al primo incrocio da altre bancarelle che si snodano lungo una via parallela, via Teocrito che visiteremo dopo con calma perchè quello è il regno delle scarpe, ci addentriamo verso piazza del Carmine.Ecco sulla destra spunta un campanile,timido emerge tra gli ombrelloni colorati. Ci facciamo largo tra la folla infilandoci tra le bancarelle, resistendo al richiamo dei venditori: “Arrialamu pi’ oggi”( oggi regaliamo)Ecco la chiesetta ,sembra triste ,fuori posto, ignorata da tutti. “guardate,ascoltate con attenzione le antiche mura che vi parlano” ci ripete la prof ..Oh!,ma davvero sembra che lei ,poveretta,(sarà blasfemo verso un chiesa?)aspettasse noi per gridare “Esisto e da tantissimo tempo!!”.L’esterno circondato da un’inferriata, presenta il prospetto principale leggermente convesso con il portale principale architravato inquadrato da tre lesene per lato. Il secondo ordine presenta un finto parapetto in cui al centro si apre una nicchia che accoglie la statua di San Gaetano con in braccio il Bambin Gesù.Un gran cartello giallo ci dice cos’è:la chiesa di S. Gaetano alle grotte! Siamo fortunate e la troviamo aperta. Che vergogna, ci siamo passate mille volte senza degnarla di uno sguardo!Quasi intimidite entriamo e ci guardiamo attorno con l’aria da turiste. Da una vecchia sedia impagliata un’anziana signora ci chiede se vogliamo sapere qualcosa..Racconta senza aspettare risposta. E’ la prima chiesa catanese costruita dal vescovo S. Everio nel 260 D.C. dedicata a S. Maria di Betlemme. Distrutta dai Saraceni, fu ricostruita nel XI sec. Nel 1508 fu dedicata a S. Gaetano. Nuovamente distrutta nel 1674 fu riedificata nel 1800 dal vescovo Corrado Deodato Moncada.E’ piccola,si sviluppa secondo una pianta ad aula e presenta l’altare maggiore all’interno dell’abside e due altari minori per ogni lato.
Vediamo una scala e mentre chiediamo se possiamo scendere siamo già giù .L’ambiente sotterraneo conserva ancora i resti delle costruzioni precedenti come la cripta in cui si riunivano i cristiani nel periodo delle persecuzioni e il fonte battesimale in pietra lavica collocato all'interno di una grotta. Una catacomba! E chi lo sapeva?Vista la datazione è anche tra le più antiche nel territorio nazionale!Quanta incuria nella nostra città! Se si fosse trovata in un altro posto avrebbe avuto restauri, visitatori,e luci puntate. Certo non si troveranno mai i corridoi della catacomba ,bisognerebbe scavare sotto la piazza e si sa, se scavi ovunque a Catania trovi reperti, non ci dimentichiamo che Catania è come la fenice,risorta dalle sue ceneri sette volte. Unica città al mondo rasa al suolo e ricostruita caparbiamente sempre nello stesso posto. Ci guardiamo attorno ,ognuna pensa a quanta gente c’è passata nei secoli,punto di riferimento per i primi cristiani che si sentivano protetti dalle sue mura e adesso semi abbandonata!No,ti faremo conoscere piccola chiesa, parola nostra!!Usciamo abbagliate dal sole e veniamo risucchiate dalla folla, dal vocio che adesso ci sembra assordante, in contrasto con il silenzio e l’oscurità della cripta.
La strada ci porta al mercato vero e proprio ,quello ortofrutticolo. L’ offerta di basilico, prezzemolo, cipolle ed altro viene fatta al centro della strada di scorrimento, fra i barili marinari di acciughe, sarde salate e aringhe affumicate, davanti alle affollate bancarelle di olive condite, formaggi e ricotta fresca “ 0 chi belli pipi ajiu!” canta il venditore di peperoni che scintillano al sole. Non dice "quanto sono buoni",ma mette in risalto la loro bellezza. E’ uno spettacolo, è vero !Da nessun’altra parte trovi i mazzi di prezzemolo, e a tempo giusto, di basilico, offerti come fossero bouquet da sposa. Donne e uomini si aggirano con le buste piene di spesa,altra particolarità? Spesso non si compra a peso ma a “cesta” o a “sacco” e nel conto ci metti l’arancia di prima scelta e quella un po’ ammaccata, fa parte del gioco.“ Chista ci’a rialu iu” ammicca l’ambulante regalandoti una mela o un carciofo, è la galanteria e l’arte del saper vendere. Pesci ,formaggi, carne, convivono con utensili da cucina, occhiali da sole o cd. Si arriva nel cuore della fiera nella piazza Carlo Alberto In questa piazza anticamente sorgeva il teatro Castagnola ,dove recitò Sarah Bernard , la più famosa attrice di un tempo. Oggi è un teatro all’aperto:da una parte frutta e verdura,dall’altra tende, tappeti, bancarelle con merce indiana o africana, e ai piedi della chiesa del Carmine stoffe, di tutti i tipi ,dalla seta pregiata agli stracci, più in là la bancarella “de robbi vecchi d’America”(i vecchi vestiti dall’America).
Si,cosi si chiamano ancora le bancarelle dei vestiti usati,così le chiamavano i nostri nonni nel dopoguerra quando si vendevano i vestiti portati gli alleati. Si aggira il poveretto ma di frequente ci trovi le signore della Catania bene che,con occhio esperto individuano il capo griffato,sotto magari una montagna di roba dozzinale. Pausa al chiosco per un “limone al limone” tipica dissetante bibita fatta con succo di limone, sciroppo di limone acqua minerale e seltz. Ripreso fiato e con qualche innegabile pacchetto in mano guardiamo alle spalle del chiosco e c’ è l’ex convento dei Carmelitani, oggi caserma. E dentro? quando si può visitare c’è un bellissimo chiostro a testimonianza dello splendore di un tempo che fu,oggi altre mura scrostate Conclusione “a fera o luni” è un ottimo antidepressivo, si esce magari un po’ frastornati per il vociare, ma con gli occhi pieni di colore, ci si sente meno soli e gratificati perché con pochi spicci torni a casa con il tuo bravo pacchettino e più ricche per aver conosciuto un tesoro nascosto !
Giusy e Vanessa
N. B il racconto lo abbiamo scritto qualche anno fa, oggi è più facile trovare la chiesa aperta e insieme al rito cattolico si celebra il rito ortodosso, il nuovo parroco, la convivenza tra le due comunità ha ridato vita alla chiesetta, che spesso però passa ancora inosserva
Il caledoscopio di colori del mercato
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